Nel mio lavoro mi concentro spesso sulla rappresentazione di oggetti isolati dal loro contesto sociale, che nel silenzio della loro solitudine parlano del proprio vissuto e della propria finitezza. Attraverso la fotografia, capace di restituire loro dignità, cerco di attivare uno spazio di attenzione che ne riconosca vulnerabilità, storia. Non intendo rappresentare l’abbandono: anche in luoghi istituzionali curati, come musei o chiese, questi oggetti sembrano (o meno) attendere uno sguardo disposto a fermarsi e osservarli, ricercandone la complessità e valutandone possibili interpretazioni. Allo stesso modo, paesaggi, interni, volti umani o corpi, attivato il campo di attenzione tramite lo scatto che li seleziona e ferma per loro il tempo, mostrano la stessa indifferenza o richiamo verso la nostra osservazione.